Alla destra del maestro si dispongono i sassofoni, così come nell’orchestra sinfonica viole, violoncelli e contrabbassi. Seri e compunti i sassofonisti tessono una tela sonora che regge in piedi il brano. Spesso brillano con qualche assolo, poi si siedono ordinatamente a fare il loro lavoro. Si animano e diventano protagonisti nei brani leggeri e swing. Insostituibili.
Iniziamo con un piccolo excursus su un grandissimo personaggio che ha dato il nome a questi strumenti: Antoine Joseph Sax detto Adolphe (1814- 1894). Belga, figlio di una famiglia ebraica che dal secolo precedente costruiva strumenti musicali di vari tipi con l’intenzione di migliorarli; il padre ad esempio perfezionò il corno. Da piccolo ebbe una serie incredibile di incidenti pericolosissimi con cadute, bruciature, avvelenamenti, cadute in acqua da cui riuscì sempre a scampare. Per suonare si costruì da solo flauto e clarinetto e con questi strumenti si diplomò al Reale Conservatorio di Bruxelles. Nel 1842 si trasferì a Parigi, città in cui lavorò e visse fino alla morte.
Adolphe amava le bande, con l’invenzione del sassofono intendeva dare più forza e volume al clarinetto conservandone l’impostazione di base. Costruito in metallo con tubo conico ed ancia semplice come il clarinetto, ma con un numero di chiavi molto maggiore a coprire tutti i fori, ne risultò un capolavoro dal carattere unico ed incredibilmente malleabile.
Poco da dire, il sax ha marcato in modo indelebile la storia del jazz. Chiunque di noi all’udire la parola jazz materializza immediatamente l’immagine di un omone che soffia in un sax. Nella prima parte del Novecento un certo Sidney Bechet di New Orleans si mette a suonare il sax soprano abbandonando il clarinetto. I suoi non pochi detrattori lo prendono in giro….. “sei vecchio, non ce la fai più col clarinetto e sei passato ad uno strumento più facile”. Nemo profeta in patria, Sidney diviene famoso in Europa a Londra e Parigi, la città che più amava ma dove ebbe anche dei guai con la giustizia, accolto come una star mondiale.
Nella musica classica compare poco ma è amatissimo da alcuni compositori di fine ottocento come ad esempio l’ostico Berlioz, ma anche il nostro Gioacchino Rossini (“è la più bella pasta sonora che io conosca”, era uno che si entusiasmava facilmente).
Qualcuno ha detto che il sassofono è lo strumento che più imita la voce umana. Probabilmente per la sua capacità di emettere gemiti, di cantare a voce piena ma anche di strillare stizzito. Il suo timbro è spesso definito sensuale e nei film le scene d’amore sono quasi sempre accompagnate dai sospiri del contralto.
Ma ogni sax ha le sue caratteristiche, parliamo un attimo delle diverse taglie, solo le principali che usiamo in banda.
Soprano: è il più vicino al clarinetto. Ha vocazione da solista, molto presente anche nella musica pop e nella convergenza tra jazz e rock.
Contralto: contende al tenore il protagonismo. Nella musica popolare è sinonimo di melodie allegre e canzoni d’amore.
Tenore: è “il” sassofono con il suo tipico collo d’oca e la imponente campana ricurva. Può essere sensuale e amabile ma anche secco e mordente.
Baritono: monumentale, completa le sezioni dei bassi e sa avere anche una sua vita da solista imponendosi con il suo volume possente e la timbrica calda. Usato nelle street band come sostituto del tuba, essendo un po’ meno ingombrante.
Mi rendo conto che stavolta ho parlato poco della banda, mi sono fatto prendere la mano dagli aneddoti. Ma per il sax ed i sassofonisti ci vorrebbe una enciclopedia.
Uno strumento per volta: il sassofono
Dalla Filarmonica Cerettese
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