Per una intera settimana i cosiddetti grandi elettori le hanno provate tutte per mostrare al Paese, caso mai ce ne fosse bisogno, la loro insipienza, e la manifesta incapacità nel ricoprire quel ruolo che li definisce “grandi”.
Farne parte per nominare la più alta carica istituzionale, dovrebbe essere un onore, un lavoro da portare avanti con serietà, senza rendersi ridicoli: i fenomeni, giusto per passare alla votazione successiva, avrebbero avuto tre possibilità: scheda bianca, nulla, o con un nome vero scritto.
La goliardia che pervade questi bricconi ha tirato fuori il ragazzaccio che vive in loro, e così ecco il Presidente della camera Fico leggere non senza imbarazzo nomi totalmente fuori tema.
Però gli incapaci ridevano, perché vuoi mettere quanto sia divertente una simile corbelleria proprio all’interno di un momento così solenne. Dai, ma quando mai mi ricapita, avranno pensato.
Nel teatrino delle piccinerie, un gustoso dietro le quinte regalatoci dal senatore Giorgio Mulè, Forza Italia: sottolineava l’alzataccia alla mattina, gli impegni tra telefonate e colloqui con i compagni di partito, le corse per essere sempre sul pezzo, ma anche i locali (carini ovviamente) nei quali le varie fazioni si recano al meritato pranzo: ogni colore ha il proprio. Guelfi, Ghibellini, nell’attesa dello scontro finale.
Sempre meglio che lavorare.
Col passare dei giorni però la faccenda è diventata impossibile da gestire, e probabilmente il terrore che gli Italiani si accorgessero del conclamato sfascio della politica, fatta a pezzi da leader inconcludenti, ha indirizzato il voto a favore di Mattarella. Il porto sicuro dalla bancarotta politica.
Ottanta anni.
Stava facendo gli scatoloni, aveva già preso accordi per il nuovo appartamento, magari dato pure una caparra, due se non tre mensilità e pensava alle sue passeggiate a Villa Borghese quando queste eccellenze gli hanno bussato alla porta, per chiedergli di fare il bis. Immagino non senza vergogna.
Forse anche Draghi stava preparando degli scatoloni simili. Ironia del destino.
Detto questo, i 1009 hanno dichiarato esplicitamente che la figura di alto profilo, quella che unisce, il nome super partes, non esiste. Una figura degna per salire al Colle non c’è, è questo il dramma: tra di loro nomi che sento da quando ero giovane e che saltano fuori all’occasione, i più, impresentabili con vicende passate vergognose, con processi in corso, scandali, amicizie pericolose, veloci nel cambiar casacca alla bisogna.
I 1009, passata la fase circo di periferia, non avrebbero potuto rivolgersi ad altri se non al buon Mattarella, implorandolo di rimanere.
Poche parole: “Il dovere di non sottrarmi prevale sulle attese personali”.
Silenzio.
Sullo sfondo una Casellati con le sue illusioni in frantumi.
Nei sette anni passati molti aventi diritto al voto c’erano già, e durante tutto questo tempo, oltre a rendere la politica invisa ai cittadini, non si sono mai preoccupati della scadenza del settennato.
Riescono tuttavia in una continua ed estenuante campagna elettorale, per l’ennesimo rimpasto, per cambiare tutto affinché nulla cambi.
Da qui, il buon Sergio, con la sua pacatezza, la pazienza non comune, e la certezza d’avere a che fare con una classe politica avvizzita, ha risposto: “Obbedisco”.
Grazie, presidente.
1009
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