Caro Direttore, ho piacere di condividere con te e con i lettori l’episodio che leggerai.
“La vita non è altro che una dannata cosa dopo l’altra”, manco a farlo apposta me lo aveva da poco riferito un amico con il quale mi stavo accompagnando.
Ero a piedi e volutamente non citerò la zona dove mi trovavo. Potrebbe essere Caselle, come Borgaro o Torino: non importa, ciò che importa è che chi legge queste righe rifletta, ma sopratutto vorrei che potessero leggerle le persone che sono state testimoni di ciò al quale in molti hanno assistito. Ad un tratto mi accorgo che a pochi passi da me un uomo si stava avvicinando traballante.
Ero talmente vicino a lui che, cadendo, quasi mi investiva con il suo corpo. Mi avvicino ulteriormente e intravedo meglio una figura accartocciata. Il corpo tremante, movimenti involontari delle braccia e delle gambe, perdita di coscienza e bava alla bocca.
Mi rendo conto che si tratta di un attacco di epilessia.
Vicino a me e all’uomo a terra nessuno. Sulle panchine a pochissimi passi, mamme, giovani, qualche anziano, bambini vocianti. Chiedo ai signori più vicini di chiamare i soccorsi, mentre cercavo di mettere in posizione sicurezza il povero uomo. Nessuna risposta, anzi indifferenza totale.
Rinnovo a voce più alta l’invito, pensando che non avessero sentito. A questo punto quasi in coro dalle varie panchine rispondono e le risposte più “normali” erano più o meno di questo tenore: “Tutti i momenti quello li ha di queste crisi”, ma anche: “È un barbone che sporca dappertutto, lascialo stare”, e ancora : “Quello lì è solo capace a lasciare bottiglie vuote in giro e vomitare a terra: non lo vogliamo ai giardini!”.
Risposte di questo genere, lasciano così sbigottiti che al momento non riesci neppure a reagire, ma ovviamente e immediatamente dopo il 112 era già in linea sul mio cellulare: “Uomo, probabile crisi epilettica in corso, potete venire in soccorso?”
Per fortuna dall’altra parte della cornetta una voce ben diversa dal coro precedente mi rassicurava sull’invio degli immediati soccorsi. Tempo pochi minuti e già si sentiva la sirena: un equipaggio della Croce Rossa era in arrivo. Caricato il malcapitato sulla lettiga, l’ambulanza ripartiva verso il vicino Ospedale. Non so chi ci fosse dentro quel fagotto di stracci a terra, ma so di certo che era un essere umano che in quel momento e non solo in quel momento, era ben più sfortunato di me e di tutti coloro che nella indifferenza più totale erano nei pressi e che avevano scritto con il loro comportamento una pagina disgustosa del vivere civile.
Ho invece compreso più che mai, chi c’era dentro quelle persone che con la loro indifferenza, non si curavano di un uomo che era inerme, indifeso e che non poteva chiedere aiuto. Avrebbe potuto morire, e forse sarebbe morto senza soccorsi, e allora i giornali avrebbero parlato a lungo del fatto di cronaca. Immagino i titoloni: “Uomo muore ai giardini nella indifferenza altrui”.
Non si possono assolutamente trovare giustificazioni per il comportamento increscioso e riprovevole delle persone che erano sul posto, desidero tuttavia raccontare questo episodio attraverso la tua rubrica, caro Direttore, perché voglio augurarmi che la lettura possa scuotere le coscienze, possa far scattare quel poco o tanto senso di solidarietà umana e del vivere civile, tanto da far si che episodi del genere non abbiano mai più a ripetersi, anche perché nessuno di noi era chiamato a compiere gesti eroici se non il comporre un semplice numero di telefono. Altri hanno fatto tutto per noi.
Malesseri di questo genere possono succedere a tutti, in qualunque momento della nostra vita e la vita resta il più grande dono che abbiamo ricevuto gratuitamente, non possiamo permetterci di sprecarne neppure un piccolissimo pezzo. E dobbiamo difenderla sempre.
Grazie Direttore.
Un episodio di viltà e inciviltà
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