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martedì, Aprile 15, 2025

    Quanto ci manca Gino Strada!

    Tre anni fa ci lasciava un grande uomo

    Tre anni fa un uomo poco più che settantenne lasciò questo mondo, dopo aver creato e reso efficiente un’organizzazione umanitaria, che a tutt’oggi ha curato 13 milioni di persone. Quell’uomo si chiamava Gino Strada. Sua figlia Cecilia ricordandolo scrive: “Ho pensato molto alla prima volta che mi hai spiegato che cos’è un “triage”, la scelta che sei costretto a fare quando non puoi salvare tutti, e devi decidere. E poi con le tue scelte devi convivere”. Lui ha convissuto con le sue scelte fino alla fine. Non era, come molti credono, un utopista. Lui era convinto che abolire la guerra non fosse assolutamente un’utopia; sono piuttosto il commercio delle armi e la guerra a essere una solenne idiozia. Questo atteggiamento, che lo spingeva a buttarsi a testa bassa in ciò che faceva, lo esponeva anche a cocenti critiche e delusioni. “Io sono convinto che la guerra non sia mai un modo per risolvere i problemi ma sia un modo per ingrandirli, perché la guerra innesca una spirale che nessuno poi riesce a spezzare. Dobbiamo ragionare con attenzione sul termine terrorismo. Quando si punta a colpire la popolazione civile e inerme come obiettivo primario, vuole dire che la guerra ha come scopo quello di seminare odio e terrore. Per capire cos’è il terrorismo bisogna conoscerlo, averlo sperimentato. Quando vedi che uccidono i tuoi parenti, i tuoi vicini, e sai che non hanno fatto niente, mai un reato, mai un delitto, mai un atto di violenza, che non hanno mai tenuto in mano un fucile, allora capisci che quelli che li hanno uccisi sono dei terroristi. L’importante è esserne consapevoli, e lavorare per cancellare quell’enorme debito che abbiamo contratto con questi popoli, quando li abbiamo soggiogati e sfruttati per secoli”. Gino, poi, si chiedeva giustamente perché in Africa la medicina e la chirurgia dovessero essere di serie B. Di nuovo la sua idea era semplice e per nulla velleitaria. Con il centro di cardiochirurgia in Sudan ha dimostrato che anche in Africa una medicina di serie A è possibile, e tanto necessaria. In fondo è un diritto di tutti, nessuno escluso. È stato ancora lui che ha fatto scoprire l’orrore delle mine antiuomo, mostrando a tutti le loro conseguenze. “Mine giocattolo, studiate per mutilare bambini. Ho dovuto crederci, anche se ancora oggi ho difficoltà a capire. Ad esempio le mine antiuomo di fabbricazione russa, modello PFM-1, vengono lanciate nei villaggi, come fossero volantini pubblicitari. La forma di quella mina, con le due ali laterali, serve a farla volteggiare. In altre parole, non cadono a picco quando vengono rilasciate dagli elicotteri, si comportano proprio come i volantini, si sparpagliano qua e là su un territorio molto più vasto. Non mi è mai successo, di trovare un adulto, neanche uno, tra gli sventurati feriti da queste mine, che mi è capitato di operare. Tutti rigorosamente bambini. La mina non scoppia subito, nemmeno se la si calpesta. Ci vuole un po’ di tempo; il bimbo che la raccoglie, può portarla a casa, mostrarla agli amici incuriositi, che se la passano di mano in mano, ci giocano. Poi esploderà con queste conseguenze: amputazione traumatica di una o entrambe le mani, una vampata ustionante su tutto il torace, e, molto spesso, anche la perdita delle gambe e la cecità. Insopportabile. Abbiamo immaginato, sapendo che era tutto maledettamente vero, un ingegnere creativo, seduto alla scrivania a disegnare la forma della PFM-1. E poi un chimico, a decidere i dettagli tecnici del meccanismo esplosivo, e infine un generale, compiaciuto del progetto, un politico che l’approva, e tanti operai inconsapevoli che ne producono migliaia al giorno. Purtroppo, anche costoro sono esseri umani; hanno una famiglia, dei figli. E probabilmente li accompagnano a scuola la mattina, li prendono per mano mentre attraversano la strada, ché non vadano nei pericoli. Poi se ne vanno in ufficio, a riprendere diligentemente il proprio lavoro, per essere sicuri che le mine funzionino a dovere, che tanti altri bambini le raccolgano. Più bambini mutilati, meglio se anche ciechi, e più il nemico soffre, è terrorizzato, è sconfitto, punito, umiliato. E tutto ciò avviene dalle nostre parti, nel mondo civile, tra banche e grattacieli.”
    Emergency è intervenuta in 20 Paesi, costruendo ospedali, centri chirurgici, centri di riabilitazione, centri pediatrici, posti di primo soccorso, centri sanitari, poliambulatori, ambulatori mobili, un centro di maternità e un centro cardiochirurgico. E malgrado tutto ciò, c’è ancora qualcuno che ha il coraggio di criticare. Mentre Gino aveva dannatamente ragione, da vendere. Quanto sta succedendo ora continua a dimostrarlo.

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    Ernesto Scalco
    Ernesto Scalco
    Sono nato a Caselle Torinese, il 14/08/1945. Sposato con Ida Brachet, 2 figli, 2 nipoti. Titolo di studio: Perito industriale, conseguito pr. Ist. A. Avogadro di Torino Come attività lavorativa principale per 36 anni ho svolto Analisi del processo industriale, in diverse aziende elettro- meccaniche. Dal 1980, responsabile del suddetto servizio in aziende diverse. Dal '98 pensionato. Interessi: ambiente, pace e solidarietà, diritti umani Volontariato: Dal 1990, attivista in Amnesty International; dal 2017 responsabile del gruppo locale A.I. per Ciriè e Comuni To. nord. Dal 1993, propone a "Cose nostre" la pubblicazione di articoli su temi di carattere ambientale, sociale, culturale. Dal 1997 al 2013, organizzatore e gestore dell'accoglienza temporanea di altrettanti gruppi di bimbi di "Chernobyl". Dal 2001 attivista in Emergency, sezione di Torino, membro del gruppo che si reca, su richiesta, nelle scuole.

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