Ci soffermiamo questo mese sulla materia delle donazioni, con particolare riferimento ai casi in cui le stesse possono essere revocate, richiamando quanto cristallizzato in una recente pronuncia della Suprema Corte (Cass. Civ., Sez. II, n. 3811/2024), che è intervenuta sul punto a seguito di ricorso per cassazione nei confronti di una sentenza emessa dalla Corte di Appello di Venezia.
Partendo dal codice civile, l’art. 801, rubricato “Revocazione per ingratitudine”, prevede chiaramente che “la domanda di revocazione per ingratitudine può essere proposta quando il donatario ha commesso uno dei fatti previsti dai numeri 1,2 e 3 dell’art. 463, ovvero si è reso colpevole d’ingiuria grave verso il donante o ha dolosamente arrecato grave pregiudizio al patrimonio di lui o gli ha rifiutato indebitamente gli alimenti dovuti ai sensi degli art. 433, 435 e 436”.
Orbene, Il caso di specie nasceva dalla paventata mancata assistenza promessa dal beneficiario al donante, il quale era sottoposto al regime dell’amministrazione di sostegno. La Corte d’Appello, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, aveva accolto la richiesta di revoca della donazione per ingratitudine, formulata dall’amministratore di sostegno, ritenendo non rispettati da parte del beneficiario gli impegni assunti nell’atto di donazione.
Nei motivi di ricorso per cassazione, il beneficiario lamentava la violazione dell’art. 801 c.c., in quanto riteneva che non si fossero materializzati comportamenti lesivi dell’onore o del decoro del donante, richiesti dalla norma, nĂ© emersi sentimenti di avversione o disistima.
La Corte di Cassazione ha ribadito (richiamando all’uopo quanto giĂ sancito in sue precedenti pronunce) che l’ingiuria grave richiesta dall’art. 801 c.c. quale presupposto necessario per la revocabilitĂ di una donazione per ingratitudine “deve essere espressione di radicata e profonda avversione o di perversa animositĂ verso il donante” (cito testualmente). SicchĂ©, il mero inadempimento degli obblighi assunti con la donazione non è idoneo ad integrare la fattispecie in esame. Evidentemente, la Corte d’Appello avrebbe dovuto verificare piĂą approfonditamente se tali comportamenti (mancati impegni) del beneficiario fossero “asseritamente ingiuriosi”, al punto da integrare i requisiti di cui al citato art. 801 c.c.
“A piè, tuti brav”