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domenica, Aprile 20, 2025

    Qualcosa ancora qui non va


    L’8 marzo, giornata (e non festa) internazionale delle donne. Nostro padre o il nostro compagno ci regaleranno un fiore giallo. Quando un uomo ci dà quel fiore giallo, pensa che possa annullare tutto il sessismo che abbiamo sofferto da tempo immemore. Il fiore giallo funziona come il neuralyser di Men in Black: quando una donna vede una mimosa, la sua memoria viene cancellata. Funziona ogni anno. Funziona sempre. Nel 1909 nacque negli Stati Uniti il woman’s day, fu però soprattutto la Russia a fare da propulsore alla celebrazione di questa giornata: l’8 marzo 1917 le donne di San Pietroburgo dichiararono sciopero e organizzarono una grande manifestazione per chiedere la fine della guerra. Quella giornata ebbe un effetto esplosivo e l’8 marzo russo diventò la “Giornata internazionale dell’operaia”, fino a trasformarsi, anche in seguito al pronunciamento dell’ONU del 1975, nella “Giornata internazionale della donna”, occasione per ricordare tutti i momenti in cui le donne avevano capito come organizzarsi per inserirsi nelle dinamiche politiche, modificandole. Eppure quest’origine storica è stata occultata nel corso del tempo dalle versioni alternative, più o meno fantasiose, che i media hanno diffuso. La più celebre è quella secondo la quale l’8 marzo sarebbe una commemorazione funebre: in quella data si sarebbe verificato un incendio in una fabbrica di camicie di New York, che avrebbe provocato la morte di 123 donne. L’incendio è avvenuto davvero ma non in quella data: la fabbrica Triangle è andata in fiamme il 25 marzo 1911.Questo errore storico ha avuto molta fortuna perché molto bene si accorda con la tendenza di vedere le donne più come vittime che come protagoniste. L’8 marzo rende ancor più evidente la separazione delle donne dal potere: si celebra il femminile evidenziandone la sua posizione laterale rispetto al mainstream dell’umanità. Nel 1921 Michela Murgia scrisse sul suo libro “Stai zitta” -Di tutte le cose che le donne possono fare nel mondo, parlare è ancora considerata la più sovversiva. È con le parole che ci fanno sparire dai luoghi pubblici, dalle professioni, dalle notizie. Per ogni dislivello di diritti che le donne subiscono esiste un impianto verbale che lo sostiene e lo giustifica. Accade ogni volta che rifiutano di chiamarvi avvocata, sindaca o architetta perché altrimenti “dovremmo dire anche farmacisto”.Succede quando fate un bel lavoro, ma vi chiedono prima se siete mamma. L’unico modo per promuove l’uguaglianza è educare al femminismo: conoscere la storia della lotta delle donne contro la discriminazione basata sul sesso, comprendere come la costruzione della società patriarcale intensifichi la disuguaglianza. Fin da piccole, noi donne, impariamo a guardare il mondo con gli occhi degli altri. Ma non lo sappiamo. Non ne siamo consapevoli. Quali sono le conseguenze? La cancellazione di un modo differente di guardare la realtà, E questa cancellazione riguarda il modo in cui la donna pensa, desidera, ama, vive la giornata. È’ una cosa talmente invisibile da non averne percezione consapevole. Questo effetto “colonizzatore” comincia prestissimo, a casa, ma anche a scuola. Perché la cultura impregna ogni ambito della nostra vita. Immaginate questa scena. Una bambina chiede alla maestra: -Signora maestra come si forma il femminile? -La maestra: -Sostituendo la “a” alla “o” del maschile. -La bambina: -Signora maestra, il maschile come si forma? La maestra: -Il maschile non si forma, esiste. -Ecco riassunto in quattro righe il patriarcato, il maschile esiste, il femminile ne è solo una declinazione. Urge fare una nuova ri-significazione. Capace di cambiare il mondo. Non si deve cadere nell’errore di immaginare la lotta al patriarcato come una lotta agli uomini. In questa rivoluzione culturale non ci sono i buoni e i cattivi. Siamo tutte e tutti immersi in questa cultura. Che urge cambiare. L’uguaglianza prevede di essere “uguali” rispetto ad un parametro. Ma quale parametro? Uguali a chi? Nel 1970 Carla Lonzi, una delle menti più vivide del pensiero delle donne, scriveva così. “L’uguaglianza è quanto si offre ai colonizzati sul piano delle leggi e dei diritti. È quanto si impone loro sul piano della cultura. Il mondo dell’uguaglianza è il mondo della sopraffazione legalizzata; il mondo della differenza è il mondo dove il terrorismo getta le armi e la sopraffazione cede al rispetto della varietà e della molteplicità della vita.” Mai come adesso serve un numero di donne consapevoli di essere “altro” e capaci di conoscere questo “altro” e di viverlo. Donne capaci di non mancare l’appuntamento con sé stesse. Mai come adesso servono uomini e donne curiosi di sperimentare una nuova dimensione e capaci di riscrivere altre mille magnifiche forme di differenza. E allora l’8 marzo sarà finalmente una festa, una festa di tutte e per tutti.

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