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domenica, Aprile 13, 2025

    La giurisprudenza della Corte di Cassazione sul diritto alla riservatezza

    Avvocato Simone TapperoCosa s’intende per diritto alla riservatezza? Tale diritto costituisce una diramazione del diritto all’identità personale (di cui all’art. 2 Costituzione) nel quale confluiscono numerosi interessi che fanno capo alla persona, quali il diritto al nome, all’onore, alla reputazione, il diritto all’immagine, inteso non solo in senso materiale, ma anche quale insieme di connotati intellettuali, politici, religiosi e professionali che caratterizzano l’individuo e non devono essere travisati all’esterno.

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    L’esposizione verso l’esterno di tali interessi riconducibili all’individuo -e costituenti il diritto alla riservatezza- può essere tollerata, secondo quanto stabilito dal nostro ordinamento, senza il consenso dell’interessato, soltanto laddove essa sia giustificata da interessi pubblici, necessità di giustizia o di polizia, o ancora scopi scientifici o didattici.

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    Una consolidata giurisprudenza della Corte di Cassazione ha stabilito che la divulgazione a mezzo stampa di notizie lesive dell’onore, della reputazione o della riservatezza di terzi possa considerarsi lecito esercizio del diritto di cronaca laddove ricorrano le seguenti condizioni: la verità dei fatti, l’interesse pubblico alla conoscenza di quei fatti e la correttezza dell’esposizione (ex multis, Cass. n. 4242 del 10/02/2023; Cass. n. 29265 del 07/10/2022).

    Si deve quindi operare un bilanciamento tra libertà di manifestazione del pensiero e diritto alla privacy, entrambi diritti aventi non solo copertura costituzionale, ma anche riconoscimento nelle Carte sovranazionali (CEDU e Carta di Nizza). Il giudice deve procedere ad una valutazione caso per caso in ordine all’individuazione dell’interesse da privilegiare a seguito di una corretta comparazione tra gli interessi in gioco, volta ad evitare che la piena tutela di un diritto finisca per tradursi in una limitazione degli altri (ex multis, Cass. n. 15160 del 31/05/2021).

    Tra le forme che può assumerne il diritto alla riservatezza, abbiamo anche il diritto all’oblio, pensato dalla giurisprudenza come il diritto a non subire gli effetti pregiudizievoli della ripubblicazione, a distanza di tempo, di notizia pur legittimamente diffusa in origine, ma non più giustificata da nuove ragioni di attualità; diritto la cui tutela sconta, sul piano applicativo, ed in particolare su quello del bilanciamento degli interessi, una criticità data dalla possibilità che siano conservate in rete notizie, anche datate, spesso superate da eventi successivi, e perciò non più attuali. È stato quindi enunciato il principio in base al quale la diffusione di notizie sulle persone è lecita se in quel momento c’è interesse della collettività, dato dalla notorietà o dal ruolo pubblico. In caso contrario, prevale il diritto degli interessati alla riservatezza rispetto ad avvenimenti del passato dei quali si sia ormai spenta la memoria collettiva (cfr. Cass. Sezioni Unite, n. 19681 del 22/07/2019).

    “Giudiché l’interés superior”

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