Gianni carissimo,
ci sono articoli che proprio vorresti non dover scrivere mai. Ma il tempo non fa sconti. Neppure se ti chiami Gianni Rigodanza e sembravi eterno. A 93 anni continuavi ad avere una voglia di scrivere e un amore per la tua terra che neppure il trascorrere dei decenni riusciva a corrodere. Una voglia di scrivere che questa mattina proprio io non ho.
Come capitò a te in quella maledetta mattina del 25 agosto dell’87, quando scopristi che i tasti della tua macchina da scrivere sembravano non essere più al posto familiare e amico, e le parole proprio non volevano saperne di uscire giuste e nitide per provare a dire che uno stramaledetto incidente sulla Torino-Savona ci aveva strappato Silvio Passera.
Oggi è la mia tastiera a risultare nemica.
La notizia che ieri sera te ne sei andato così, senza troppo disturbare, in una sera come tante, proprio mentre il tuo giornale, con su l’ultimo tuo articolo, stava per essere consegnato a edicole e abbonati, mi è arrivata diretta alla bocca dello stomaco, pesante, e non mi abbandona.
Sono corso a rileggere il messaggio che mi avevi inviato pochi giorni fa per dirmi che, tuo malgrado, non avresti potuto essere dei nostri alla consueta cena annuale di Cose Nostre: “Ciao Elis, grazie per l’invito. Purtroppo, visti i miei anni e la mia salute, non potrò essere presente a questo incontro che ritengo molto importante per il futuro del nostro mensile. Il mondo cambia, va avanti, e anche le nostre pagine devono seguire i tempi. Ma per noi devono sempre essere ‘Tempi Nostri’.
Ciao a Te, alla Presidente della Pro Loco e a tutti i presenti. Grazie ancora.
Gianni”
Il “Tempo Nostro” è scaduto ieri e con te se va una parte tremendamente importante di Caselle e del giornale.
Questa terra non ti aveva dato i natali, ma tu l’hai amata come pochi altri, cercando attraverso le parole di decine di libri e articoli di perpetuarne storia e memoria.
Sai, se ognuno di noi è ciò che lascia, tu lasci una traccia indelebile per ciò che sei stato e ciò che hai fatto.
Dal 1955, dacché muovesti i primi passi nel “Club Arte e Cultura”, sconfinando poi nel “Circolo Filatelico e Numismatico”, venne immediatamente a galla la tua voglia di fare, di raccogliere perché gli orizzonti passati potessero essere tramandati, farsi presente e futuro. Ma è con questo giornale che hai toccato i vertici.
“Cose Nostre” è stato la tua creatura, gli sei stato accanto per 53 anni, prima fondandolo e poi sostenendolo nell’ora più buia.
Ricordo come fosse ora come ci battemmo, quando Silvio morì, contro quelli che volevano metterci su una bella pietra tombale: fosti un leone nel difendere ciò che ritenevi più caro. Con l’aiuto di Carlo Brizio prima e poi raccogliendo intorno a te un comitato di redazione, ti caricasti sulle spalle il nostro mensile per guidarlo in acque sicure per 17 anni.
Mi accorgo adesso e mi rammarico di non averti mai chiesto da dove provenisse la tua voglia di scrivere, quella voglia di donarti attraverso le parole. In fondo, non avevi fatto studi classici, ma chissà da dove ti veniva la capacità di sapere infilare in modo così nitido frasi e lemmi.
Hai saputo coltivarti di stagione in stagione, cercando di far tuo il senso poetico del verbo di tanti padri che reputavi nobili, sino a saper maneggiare la parola scritta come solo un grande artigiano può fare. Artigiano nel senso più alto del termine. Anzi, uso uno dei titoli a cui tenevi di più per spiegarmi meglio, quel “Maestro del lavoro” che nel 1987 il Presidente della Repubblica ti aveva conferito: sei stato un vero maestro del lavoro nell’arte del periodare. E non è mica da tutti, credimi.
So quanto hai amato “Cose Nostre” e quanto hai guardato con amore verso di me dopo che ho raccolto il tuo testimone. Purtroppo non ci saranno più le nostre consuete telefonate, coi tuoi immancabili consigli perché la qualità del nostro mensile risultasse sempre alta.
Che cosa resta di tutto il tempo insieme?
Regalarti ancora parole. Quelle parole di Montale che amavi tanto e che una volta mettesti a chiusura d’un tuo articolo: la più bella dichiarazione d’amore che un giornale abbia mai ricevuto.
“Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale
e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.
Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio.
Il mio dura tuttora, né più mi occorrono
le coincidenze, le prenotazioni,
le trappole, gli scorni di chi crede
che la realtà sia quella che si vede.
Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio
non già perché con quattr’occhi forse si vede di più.
Con te le ho scese perché sapevo che di noi due
le sole vere pupille erano le tue.
Ciao Gianni, impossibile dimenticarti.
La Pro Loco di Caselle Torinese, la direzione, la redazione e tutti i collaborati di Cose Nostre si stringono alla famiglia Rigodanza in questo momento tristissimo e piangono la perdita di
Gianni
giornalista e scrittore