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mercoledì, Aprile 16, 2025

    Genny e la bambola


    Gennaro è una maschera: comica, tragica, grottesca, forse tutte e tre insieme, ma rappresenta molto chiaramente (purtroppo) ciò che la politica è diventata. Un tempo l’arte del governare, del vivere insieme, ora terreno per affari, connivenze, interessi, giri di denaro.
    Gennaro non è cattivo: solitamente il cattivo è intelligente, acuto, usa mezzi per fini ben precisi; lui no. A guardarlo lo si definirebbe innocuo, con quei suoi occhialoni che istintivamente portano a ricordare i minions di “cattivissimo me”. Lui è “neutro”, si fa attraversare da tutto, brutte figure comprese.
    Gennaro è capace di cose che ad altri creerebbero imbarazzo: andare al Premio Strega ammettendo candidamente di non aver letto i libri per i quali lui stesso aveva votato, ma esortando il pubblico a farlo, e promettendo comunque di “approfondire”.
    Gennaro è istintivo: dopo sbaglia, prima anche…melodramma, melodramma.
    Su Tik Tok (Signore aiutaci) celebra i 250 anni di Napoli, anziché 2500, però dà la colpa al suo collaboratore che gli scrive i testi: evidentemente lui non è in grado.
    E poi parla di Colombo che raggiunge le Indie sulla base delle teorie di Galileo Galilei, che nel 1492  non era nemmeno nei pensieri dei suoi nonni , e non contento colloca Times Square a Londra.
    Ma gli vengono così, non le pensa, non le prepara: è un funambolo della gaffe, il Ronaldo della brutta figura: Bisio lo accoglierebbe a Zelig senza pensarci due volte.
    Immagino la Incontrada ridere senza ritegno nell’accoglierlo sul palco; perché è quello il suo posto con un Teatro degli Arcimboldi inverosimilmente pieno.
    Forse inconsciamente (a sua insaputa) ha cercato di imitare seppur goffamente il gran maestro delle situazioni imbarazzanti, ma quello, buonanima, era su un altro livello, direi irraggiungibile, ma ha tracciato la strada.
    Avere a che fare con denaro, potere, connivenze, corruzione, processi, crisi, e uscirne sempre rinnovato e pulito, non è cosa per lui. La vicenda è tanto nota quanto imbarazzante e sorprende come questo ministro della cultura sia stato uccellato come un anziano truffato al telefono, ma la domanda è perché (e poi mi parlano di merito) questo era ministro?
    La cosa veramente da cineteca è la confessione (su RAI 1) nella quale, frignando, ha parlato di cose riguardanti la sua sfera privata con le lacrime agli occhi, ha mostrato giustificativi di spesa, si è arrampicato sugli specchi, ha giurato di non aver preso i soldi degli Italiani.
    Imbarazzante quanto il confessionale del Grande Fratello e non sapevo se sorridere o sgomentarmi, perché non è un fatto privato!
    Gli è piovuta addosso come un castigo divino una montagna di sterco, proprio a lui che nelle registrazioni affermava di essere un uomo.  Ha rassegnato le dimissioni perché comunque ormai era improponibile pure a “Uomini e Donne”. Ci aveva già provato ma l’altra bionda le ha rifiutate, lui ha ritentato e questa volta sono state accettate, magari a malincuore ovviamente, perché è doloroso ammettere di avere scelto un inetto del genere.  Quanto alla Boccia: la signora che incrementa quotidianamente i suoi “seguitori” sui social, inspiegabilmente, ha inanellato una serie di reati che invece di stroncarle la carriera, la premiano. Ha filmato con gli occhiali smart all’interno di Montecitorio, è già quello mi pare sia proibito; ha fatto attività di dossieraggio nei confronti del malcapitato Genny, registrando video, appunti, telefonate, pubblicando mail, messaggi e tutto ciò che può portare ‘sto incapace al patibolo mediatico a meno che mamma RAI non se lo riprenda.
    Allontanare entrambi dai confini del regno sarebbe il minimo, ed invece appena riaprirà la nuova stagione di RAI e Mediaset ce li ritroveremo entrambi ovunque a rilasciare ognuno la propria verità, insieme agli altri imbarazzanti ministri, contesi dalle reti che ancora una volta sostituiranno la politica col pettegolezzo e le chiacchiere da rotocalco.
    Meriterebbero entrambi l’esilio, l’oblio, invece ci ammorberanno come già fece la Ferragni, col suo pandoro. È’ una vicenda meschina come molte purtroppo nel panorama della nostra politica: personaggi che occupano cariche immeritatamente e tolgono ossigeno al Paese, un Paese che necessita di politici e non di una lotta nel fango sempre più allargata.

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    Luciano Simonetti
    Luciano Simonetti
    Sono Luciano Simonetti, impiegato presso una azienda facente parte di un gruppo americano. Abito a Caselle Torinese e nacqui a Torino nel 1959. Adoro scrivere, pur non sapendolo fare, e ammiro con una punta di invidia coloro che hanno fatto della scrittura un mestiere. Lavoro a parte, nel tempo libero da impegni vari, amo inforcare la bici, camminare, almeno fin quando le articolazioni non mi fanno ricordare l’età. Ascolto molta musica, di tutti i generi, anche se la mia preferita è quella nata nel periodo ‘60, ’70, brodo primordiale di meraviglie immortali. Quando all’inizio del 2016 mi fu proposta la collaborazione con COSE NOSTRE, mi sono tremati i polsi: così ho iniziato a mettere per iscritto i miei piccoli pensieri. Scrivere è un esercizio che mi rilassa, una sorta di terapia per comunicare o semplicemente ricordare.

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