Sicurezza sul lavoro. Questo mese abbiamo visto cosa che non avremmo mai voluto vedere. Giovani ventenni morire cadendo da una gru, a pochi chilometri da casa nostra, e ragazzi diciottenni perdere la vita l’ultimo giorno di alternanza scuola lavoro, schiacciati mortalmente da un tubo metallico. Sono i pochi che, per la loro giovane età, fanno molta notizia. Eppure, la situazione è molto più tragica: nel nostro paese ogni anno sono circa 1400 le persone che perdono la vita per infortuni sul lavoro. Più di quattro per ogni giorno lavorativo. Questa cifra è stabile da anni. Solo nel 2020 si è abbassata, a causa dei lockdown imposti dalla pandemia, per tornare ai livelli tristemente normali già l’anno seguente. E le stime sono arrotondate per difetto, non considerando né quelle categorie non assicurate dall’INAIL né – ancora peggio – le migliaia di lavoratori in nero presenti nel nostro Paese, a cui non è garantita alcuna tutela. La categoria che regista più decessi è quelle agricola, che conta ben il 30% dei decessi. Di questi, più della metà riguardano persone schiacciate dai trattori agricoli. Se pensiamo a quanti campi ci sono e a quanti trattori lavorano nella nostra zona casellese, viene da raccomandare di fare attenzione. Un altro 15% è rappresentato dai morti nel settore edilizio, un dato questo fortemente sottostimato proprio a causa del lavoro in nero. Quasi il 10% dei decessi riguardi autisti e trasportatori, cifre queste destinate ad un triste incremento legato all’aumento dei trasporti su gomma per le consegne dei prodotti acquistati online. Sempre più fattorini con tanti pacchi e poco tempo a disposizione che correndo come matti da un indirizzo all’altro senza poter fare nemmeno una pausa rischiano di far male a sé stessi e agli altri. Nel mondo dell’industria sono le piccole o medie imprese, in cui mancano i sindacati per la sicurezza e i controlli sono pochi o inesistenti, che si trovano più spesso ad essere teatro di queste tragedie. Se da un lato le vittime sono persone in età, senza più le forze per svolgere questi mestieri, ma a cui è impossibile andare in pensione, dall’altro sono decine le giovani vittime – alle cui famiglie rivolgiamo un profondo pensiero – che, pur di non essere licenziate qualora abbiano da ridire, svolgono lavori rischiosi senza le attrezzature o la preparazione necessarie.