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Duomo di Torino: ultimazione lavori

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In Piemonte le influenze dell’architettura rinascimentale, molto viva nell’Italia centrale, si manifestarono solo sul finire del Quattrocento con la ricostruzione del Duomo di Torino (1491-1498) per volere del cardinale Domenico della Rovere e su progetto di Amedeo di Francesco da Settignano. Il Duomo, unico edificio rinascimentale e importante elemento identificativo della torinesità, venne messo a repentaglio dall’incendio che divampò nella notte dell’11 aprile 1997 e che devastò la cappella della Sindone.
Dopo 27 anni di complicati lavori di messa in sicurezza, consolidamento, ripristino e restauro, il cantiere presso la Fabbrica del Duomo può ora considerarsi ultimato. Lo scorso venerdì 16 febbraio presso la Sala degli Svizzeri di Palazzo Chiablese, in piazza san Giovanni a Torino, sono stati presentati i restauri che hanno completato gli interventi dopo l’incendio.
Le opere, progettate e dirette dagli architetti Maurizio e Chiara Momo iniziate nel marzo 2023, sono state eseguite con finanziamenti ministeriali, hanno coinvolto l’area sotto la cappella della Sindone ed in particolare una parte del coro, la galleria retrostante e la nuova sacrestia o “scurolo”.
Questi spazi – che sono stati occupati dal cantiere realizzato per fondare la grande struttura di puntellamento della chiesa, rimossa in più fasi fino al 2018 – sono molto importanti perché costituiscono la “cerniera” tra l’inserimento seicentesco della cappella della Sindone e la preesistenza rinascimentale.
Gli interventi hanno comportato la realizzazione di fori nelle volte della galleria del coro e dello scurolo e la rimozione parziale di porzioni di pavimento in pietra nei due ambienti, per formare grandi pozzi di fondazione in cemento armato; contestualmente, per permettere dei puntellamenti, è stato staccato il semicatino in plafond (struttura lignea intonacata e tela) dipinto da Domenico Guidobono e le grandi armadiature addossate allo scurolo. Gli interventi, apparentemente “demolitori”, ma fondamentali per la “messa in sicurezza” dell’area, hanno portato alla luce elementi architettonici e decorativi, finora sconosciuti, fondamentali per la lettura della storia costruttiva del Duomo.
Dalla rimozione degli armadi appoggiati al muro dello scurolo sono emerse due edicole rinascimentali, entrambe con tabernacolo, dedicate rispettivamente a S. secondo e al SS. Sacramento, poste in origine ai lati dell’altare maggiore: sono dipinte con candelabre e motivi tipicamente rinascimentali presenti anche in facciata. Esse costituiscono oggi una delle poche testimonianze degli apparti decorativi del Duomo quattrocentesco.
Gli scavi eseguiti, oltre che per i pozzi di fondazione, per realizzare un nuovo impianto elettrico e di illuminazione, hanno portato in luce lacerti del pavimento rinascimentale in cotto e i basamenti delle doppie lesene, ben conservati, che incorniciavano in origine l’altare maggiore -sotto il quale vi sono sepolture- dedicato a San Giovanni e demolito per la costruzione della cappella della Sindone. Nel fondale del coro, nella lunetta dell’arcata centrale della galleria è stato riposizionato lo scenografico semicatino absidale, ora supportato da telaio in ferro, “Coro di angeli”, dipinto da Domenico Guidobono nel 1709.
È documentata la presenza di Guidobono (Savona 1668-Napoli 1746) nel 1705 a Torino, con il più famoso fratello Bartolomeo, per realizzare le decorazioni della camera da letto di Madama Reale: la sua mano, caratterizzata da un tratto grazioso e leggero, tipica del Rococò, è riscontrabile anche altri ambienti di palazzo Reale e di palazzo Saluzzo Paesana. Il dipinto, eseguito in parte ad incausto (sono state rilevate tracce di cera), del Duomo è un tripudio di paffuti angeli in posizioni assai plastiche, riporta con dovizia di particolari gli strumenti musicali e i partiti dell’epoca. Il cantiere della fabbrica di un Duomo non potrà mai considerarsi concluso, perché la ricerca e lo studio devono proseguire e il completamento di questi ultimi interventi hanno restituito un pezzo della nostra storia.

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