
Domenica 27 aprile sarà una giornata speciale per il nostro Municipio: accogliendo un invito della Regione Piemonte, i palazzi di Piazza Europa e di via Torino ( Palazzo Mosca) saranno aperti alle visite della cittadinanza per assurgere a simbolo concreto nel ricordo di quanto avvenne ottant’anni fa, quando, dopo due anni di lotta e Resistenza, ritrovammo libertà e democrazia.
Nel ventennio di dittatura fascista il Comune si allontanò dalla gente, visto che venne retto, a partire dal 1927, da commissari prefettizi e poi da podestà di nomina regia su diretta proposta del capo del governo. L’espressione popolare tramite il voto, con l’elezione di candidati scelti dagli aventi diritto, venne meno e le sedi comunali divennero l’ ulteriore attestazione di un tetro mondo “in orbace”. Achille Cordiglia fu nostro podestà dal ’32 al ’44, per cedere, all’imbrunire del regime, per pochi mesi, il testimone a Michele Pagliano, un “ interinale”.
Il proto-sindaco della ritrovata libertà fu Antonio Trabalzi, indicato dal C.L.N., il Comitato di Liberazione Nazionale, che stette in carica nel biennio ’45-’46.
Le prime elezioni a suffragio universale si tennero subito dopo la creazione della nuova Repubblica Italiana e videro Luigi Castagna riprendere posto laddove era già stato dal 1921 al 1923, prima di essere scalzato da Luigi Ceccarelli, primo commissario prefettizio di una nuova tristissima era.
Dopo Castagna si susseguirono alla prima carica del nostro Comune: Cesare Crosetto ( dal 1950 al 1953), Lorenzo Piccat Re ( dal 1953 al 1955), Aldo Pietrini ( dal 1955 al 1956), Secondo Aimo Boot ( dal 1956 al 1964), il senatore Giuseppe Maria Sibille ( dal 1964 al 1970), Cesare Succo per un primo breve mandato dal 1970 al 1971, poi Stefano Milelli dal 1971 al 1973, nuovamente Cesare Succo dal 1973 al 1980, Nicolas Russello dal 1980 al 1983, ancora Cesare Succo nel biennio ’84-’85, prima che venisse eletta l’unica donna assurta a sindaco nella nostra città, Lucia Lulli, che resse le sorti casellesi dal 1985 al 1987. Vennero poi gli anni della “staffetta”, dettata dal compromesso storico, che vide alternarsi Giorgio Aghemo e Federico Zavatteri sul nostro scranno più alto dal 1989 al 1994.
Venendo a tempi più recenti, a transitare Caselle nel nuovo millennio, per due mandati, fu Giovanni Rosito, eletto sindaco per la prima volta nel giugno del 1994 e riconfermato poi nel maggio del 1998. Dai primi anni del nuovo secolo, a vestire la fascia tricolore di “ primo cittadino” abbiamo avuto prima, e per due legislature, Giuseppe Marsaglia Cagnola e poi, per un incarico durato anch’esso otto anni, Luca Baracco. Giuseppe Marsaglia è tornato sindaco dopo le ultime elezioni ed è tuttora lui a reggere il timone casellese, ed è lui, oggi, che molto favorevolmente ha accolto l’idea lanciata dalla nostra Regione per far sì che per un giorno le sedi municipali si consacrino a simbolo della nostra Repubblica, nata dalla Resistenza e dalla lotta per liberarci dal giogo nazi-fascista.
Nella mattinata di domenica 27 Aprile il palazzo di Piazza Europa e quello “ Dell’Ala”, sede del nostro Consiglio Comunale, saranno aperti al pubblico, prima che, alle 11 e 30, avvenga una cerimonia di ringraziamento verso tutti quelli che hanno saputo servire politicamente la nostra comunità.
A ex sindaci, o ai congiunti dei primi cittadini che sono ormai passati a miglior vita, verrà consegnato un ricordo, a testimonianza della riconoscenza che la Città a loro deve per lo spirito di servizio messo a disposizione della cittadinanza. Ma sarà anche il momento in cui ex assessori e ex consiglieri potranno riunirsi in un momento votivo nel quale riconsiderare che portata abbiano avuto questi ottant’anni di pace, nati dal sacrificio e dal dolore d’una guerra assurda generata da idee che oggi tendono a ricomparire e che devono essere scacciate con forza e determinazione.
Il 27 aprile dev’essere l’occasione in cui si debbono riaffermare i principi fondamentali su cui si basa il nostro Stato; dev’essere un ‘occasione per ribadire concetti che qualcuno vorrebbe vedere spenti, perché giudicati ormai da legarsi a un passato troppo lontano e da destinare all’oblio.
Siamo a uno snodo per molti versi avversi epocale ed è importante che si abbia una simbologia a suffragare, a rimarcare ciò che siamo diventati grazie al sacrificio di uomini e donne che non ebbero paura di scegliere e di morire perché avessimo la nostra redenzione.
Parole come Resistenza, libertà e democrazia, diritti e tutela delle minoranze devono rimanere sacre e inviolabili, così come la celebrazione della nostra Liberazione.
Se ciò avviene da ottant’anni, se ciò si ripete da ottant’anni in uno stato libero e democratico è perché come ebbe a dire Vittorio Foà all’ex “repubblichino” e poi deputato missino Giorgio Pisanò in un memorabile dialogo: “ Stringiamoci pure la mano, oggi. L’importante è ricordarci che lei è qui, in Parlamento, grazie alla Costituzione; e la Costituzione c’è perché abbiamo vinto noi. Se aveste vinto voi, io sarei rimasto in galera e lì sarei morto».
E questo non dobbiamo dimenticarlo mai. A meno che non si voglia di nuovo cadere nel buio della ragione.