Dopo aver dato spazio al presidente Demonte e a Giovanni Baulino in questo numero, è doveroso fare in modo che anche suor Vincenza saluti il Baulino che se ne va.
Su Cose Nostre del maggio 1978, insieme a una fotografia della scomparsa, compariva sotto il titolo “Suor Vincenza ci ha lasciati” una piccola cronaca del fatto, seguita da un commento a cura del sottoscritto che, lasciato da parte il disincanto del cronista, cercava di delineare la splendida figura di questa donna.
Questa la cronaca: “Il 21 aprile scorso, alle ore 3.30, dopo breve malattia è deceduta suor Vincenza Peressutti, di anni 66. Il tristissimo annuncio è stato appreso in Caselle con viva commozione e profondo cordoglio. I familiari, il sindaco e l’Amministrazione comunale, le reverende suore, gli ospiti e il personale, uniti all’Amministrazione dell’Ospedale Baulino, con toccanti parole lo hanno annunciato alla popolazione, invitandola a rendere l’ultimo saluto a suor Vincenza. I funerali hanno avuto luogo sabato 22 aprile alle ore 15; imponente è stata la partecipazione dei casellesi alla semplice e commovente cerimonia. È stata questa una testimonianza spontanea e sentita alla figura di colei che per 42 anni è stata esempio di bontà e di dedizione al prossimo”.E questo il commento del mensile: “Ormai è passato un mese dalla morte di suor Vincenza, e anche se il tempo ha un po’ affievolito il dolore dei casellesi per la sua prematura scomparsa, il suo ricordo è pur sempre vivissimo. Ci pare quindi giusto dedicare qualche parola in più delle condoglianze a questa grande figura che ha servito Caselle per 42 anni.
Per chi non ha avuto occasione di frequentare l’Ospedale Baulino, suor Vincenza la si ricorda comunque quando passava per le vie del paese per andare da qualcuno che soffriva. Andava leggera, un fruscio di vento, il cappello come due ali bianche e un dolcissimo sorriso. Un’immagine che non è facile da scordare. La gente dice: ‘Sorrideva sempre, suor Vincenza, ma come faceva?’ Ma è semplice rispondere! Possedeva poco, ma era molto ricca, perché possedeva una grande fede: tutto quello che aveva, lo aveva sempre dato a Gesù Povero, che incontrava ogni giorno, ogni ora, nelle corsie dell’ospedale, per le usate strade, in tante case.
È vero, non si riesce mai a saldare i conti con la miseria, a esser degni di chi soffre, ma la sua azione coraggiosa, il dinamismo instancabile, la sua continua presenza là dove si soffriva, dove si moriva, era una testimonianza quanto mai significativa. Suor Vincenza è stata per Caselle una continua provocazione al nostro egoismo, perché il suo operare colpiva continuamente le coscienze con gesti che gridavano. Aiutava tutti, ma soprattutto la famiglia più grande dell’umanità: i poveri.
Ma perché tanta meraviglia da parte dei cristiani per una cristiana che ha testimoniato sé stessa? Quando San Francesco d’Assisi si è spogliato di tutto davanti al Padre e gli ha detto: ‘Ora potrò dire con più semplicità: Padre nostro che sei nei cieli ‘, fu quello un gesto essenziale, e fu subito capito.
C’è però una grandissima distanza tra capire e fare. Suor Vincenza semplicemente ha fatto, senza esitare; ecco perché tanta meraviglia. Una fede che esita rassomiglia alle nuvole che il vento porta via.
Certo, una vita va spesa in ogni caso, e questa creatura umana che Dio aveva dotato di un’immensa capacità di amare, la sua vita l’ha spesa tutta per la comunità casellese, sorridendo, per 42 anni, fino alla morte.
Quali parole possiamo trovare per dirle grazie, in modo particolare dagli ospiti anziani dell’Ospedale Baulino? Non certo le mie: sono così sommesse e tremolanti che potrebbero solo dare una pallida idea del sincero sentimento che legava Caselle a suor Vincenza. C’è una poesia di Ungaretti, “La Madre”, che, messa al plurale, ci pare adatta a questo. È quasi una preghiera, eccola:
«E il cuore quando d’un ultimo battito / avrà fatto cadere il muro d’ombra / per condurci, Madre, sino al Signore / come una volta ci darai la mano.
In ginocchio, decisa, sarai una statua davanti all’Eterno, / come già ti vedeva quando eri ancora in vita.
Alzerai tremante le vecchie braccia / come quando spirasti / dicendo: Mio Dio, eccomi.
E solo quando ci avrà perdonato, / ti verrà il desiderio di guardarci.
Ricorderai d’averci atteso tanto, / e avrai negli occhi un rapido sospiro».
Finisce qui la triste storia della pagina di Cose Nostre del maggio 1978 raccontata dal sottoscritto; ora è tempo che diamo un saluto e un grazie al secolare edificio dell’Ospedale Baulino, sul Prato della Fiera, che sta diventando il nuovo municipio di Caselle. Siamo certi che il suo nome rimarrà sempre nel cuore di tutti.